Educazione terapeutica: il professionista della sanità insegna a prendersi cura della salute



L’aspettativa di vita si allunga di pari passo con l’avanzamento della medicina. Tuttavia, questo si traduce anche in una popolazione più anziana con patologie croniche.

Il carattere di cronicità delle malattie che accompagnano spesso l’anzianità (come patologie cardiovascolari, diabete, demenza, artrite e problemi sensoriali) richiede una continuità di cure che non sempre è semplice sul lungo termine, e questo è dimostrato dal basso tasso di aderenza alle terapie.


4 pazienti su 10 non aderiscono alle terapie

Secondo un recente sondaggio condotto su 1500 persone con una o più malattie croniche, 4 pazienti su 10 non seguono le cure in modo corretto. I motivi sono legati a distrazione (47%), timore degli effetti collaterali (40%) e decisione arbitraria di interrompere l’assunzione di farmaci perché si pensa di non averne bisogno (12%).

Lo studio, realizzato in Italia dall’Anmar Onlus (Associazione Nazionale Malati Reumatici), restituisce un quadro preoccupante, in cui emerge una forte sottovalutazione dei rischi che le patologie croniche non curate possono far correre.


L'importanza della comunicazione medico-paziente

La cosiddetta “educazione terapeutica” può intervenire proprio su questa errata percezione della propria condizione di salute. L’educazione terapeutica è un processo che mira a rendere i pazienti e i loro caregiver più consapevoli e competenti nel controllo di eventuali patologie croniche, sia per migliorarne la qualità di vita sia per gestire efficacemente e autonomamente rischi e problematiche.

L’educazione terapeutica è compito del personale sanitario, quindi di medici, infermieri, fisioterapisti, psicologi e specialisti di vario genere, a seconda dei singoli casi. Prevede una relazione tra operatore sanitario (che eroga informazioni) e paziente (che le recepisce): questo dimostra quanto è fondamentale che la comunicazione tra i due attori sia funzionale ed efficace, e che non si traduca invece in una serie di obblighi e divieti, o di istruzioni troppo difficili da comprendere per il paziente.


Approccio graduale e personalizzato

Si evince, quindi, che l’approccio educativo dev’essere centrato e adattato in base alle caratteristiche specifiche del paziente o di chi se ne prende cura. Questo vuol dire valutare inizialmente il livello di health literacy del paziente, ossia quanto è informato sulla propria condizione e quali sono le sue lacune in tal senso; sulla base di ciò, si definiscono degli obiettivi da raggiungere insieme e si pianificano dei compiti che il paziente stesso deve seguire, in modo da imparare a curarsi e ad autogestirsi. Stabilendo una collaborazione costante, il paziente si sente rassicurato e guidato dal professionista sanitario di riferimento, conosce i propri obiettivi di salute e rafforza la propria motivazione ad aderire al piano terapeutico.

Ovviamente, si tratta di un processo in divenire, da rielaborare e riadattare in base alle risposte e alla personalità del paziente stesso, nonché alle sue eventuali reazioni emotive. Metodo e flessibilità, dunque, si traducono in un approccio sistemico e centrato sull’individuo, per farlo progredire nella cura della sua salute con i suoi tempi e tenendo conto della sua unicità.