Si dedicano ai propri cari non autosufficienti con abnegazione, e sono un esercito di eroi silenziosi, ma il loro grande valore sociale non è riconosciuto: uno sguardo ai caregiver familiari
Caregiver: in senso letterale si può tradurre con “prestatore di cure”. In realtà, al di là di questa fredda espressione, il caregiver è qualunque persona che si prende cura quotidianamente di un soggetto non del tutto autosufficiente, che sia per disabilità, patologia o età.
Il caregiver familiare (o “informale”) si differenzia dal caregiver professionale (o “formale”): il primo, infatti, è congiunto all’assistito da un rapporto di amore e/o familiarità, per cui il suo operato è dettato da un legame di affetto, etica e senso di responsabilità; il secondo, invece, è un professionista retribuito che fornisce la sua prestazione assistenziale ad un paziente, e può essere un OSS, un badante, un infermiere, un assistente preparato all’uso di apparecchiature mediche o al monitoraggio di parametri vitali.
In questo articolo ci concentreremo sulla figura del caregiver familiare.
Caregiver informali: quanti sono e cosa fanno
Secondo recenti dati ISTAT riferiti a Italia e Unione Europea nel 2019, i caregiver informali ammontano a 8 milioni di persone, in prevalenza donne (oltre il 60%).
L’assistenza del caregiver familiare avviene in vari modi, ossia attraverso cure infermieristiche, cure personali, accompagnamento nelle situazioni sociali, disbrigo di pratiche amministrative, supporto psicologico, sorveglianza continua.
Il caregiver si dedica a chi ama con totale devozione, spesso con abnegazione, perché questo ruolo richiede tempo, energia fisica ed emotiva, forza psicologica e potere economico. Questo mette i caregiver a serio rischio di burnout, impoverimento finanziario e depressione. Basti pensare che, in base ai dati Epicentro – ISS (Istituto Superiore di Sanità), il 60% delle caregiver di genere femminile sono costrette ad abbandonare il proprio lavoro per dedicarsi alla cura dei propri familiari.
Problematiche di un caregiver familiare: quale via d’uscita?
I caregiver familiari affrontano numerosi problemi. Fisicamente, soffrono spesso di esaurimento e problemi di salute dovuti alle cure continue. Psicologicamente, sono soggetti a stress, ansia e depressione, aggravati dall'isolamento sociale dovuto agli impegni impellenti e spesso schiaccianti. Economicamente, molti vanno in perdita perché devono ridurre le ore di lavoro o lasciarlo del tutto, affrontando costi aggiuntivi per le cure, tra macchinari e farmaci. Inoltre, a livello burocratico, navigare nel sistema sanitario e ottenere supporti adeguati è complicato. Senza contare che spesso, senza formazione professionale, nonostante tutto l’amore per il proprio caro, il caregiver informale potrebbe non essere in grado di comprendere fino in fondo le necessità del congiunto, andando così incontro ad ulteriori problemi.
Queste le difficoltà. Quali le soluzioni? Al momento, purtroppo, ancora molto poche: il loro ruolo, così importante a livello sociale, non viene riconosciuto adeguatamente, e di conseguenza i loro diritti sono mal tutelati.
Panoramica legislativa
In Italia, la normativa che regolamenta il supporto ai caregiver familiari è la Legge 104 del 1992, che fornisce un quadro normativo per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità. Tra le misure previste, ci sono permessi retribuiti e agevolazioni lavorative per i familiari che si prendono cura di cari non autosufficienti, consentendo loro di bilanciare meglio il lavoro e le responsabilità di caregiving.
Un importante passo avanti è stato fatto con la Legge di Bilancio 2018 (205/2017), che ha ufficialmente riconosciuto la figura del caregiver familiare, istituituendo un fondo iniziale di 20 milioni di euro – poi aumentato di ulteriori 5 milioni – per sostenere interventi legislativi volti a riconoscere il valore sociale ed economico dei caregiver.
Nel 2021, la Legge di Bilancio ha introdotto un nuovo fondo di 30 milioni di euro, cercando di fornire un sostegno economico più significativo. Tuttavia, nel 2024, questo fondo è stato abrogato.
A gennaio 2024, il Governo ha avviato un Tavolo Tecnico Interministeriale con l'obiettivo di formulare proposte per una legge che non solo riconosca il ruolo dei caregiver familiari, ma che identifichi anche i beneficiari e integri il caregiving nel sistema di cura nazionale.
Nel luglio 2024, il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) ha adottato un parere che sollecita misure concrete a livello UE e nazionale per proteggere i caregiver familiari. Tra le proposte, ci sono la creazione di una piattaforma per lo scambio delle best practice tra gli Stati membri, l'accesso a servizi di alta qualità e flessibilità lavorativa per i caregiver. Ma è tutto in divenire, e questo fa comprendere quanto ancora resti da fare per garantire un riconoscimento e un sostegno adeguati a queste figure fondamentali.
Gestire lo stress
Gestire lo stress per il caregiver è essenziale, sia per mantenere il suo benessere che per offrire, a sua volta, un’assistenza di qualità al proprio caro. Prima di tutto, è cruciale prendersi del tempo per sé, anche se può sembrare un’impresa titanica: anche brevissime pause giornaliere possono fare una grande differenza, magari dedicandosi a qualcosa di piacevole per staccare dalla routine e ricaricarsi.
Inoltre, è fondamentale cercare supporto: coinvolgere – se possibile – familiari e amici per condividere il carico dell’assistenza può alleviare parte dello stress, così come ricorrere all’assistenza di caregiver professionali per alleggerire il carico di lavoro.
Ancora, partecipare a gruppi di supporto, sia dal vivo che online, offre un’opportunità per confrontarsi con altri che vivono situazioni simili, ricevere consigli e sentirsi meno soli.
Inutile aggiungere che è importantissimo informarsi e formarsi, per sentirsi più preparati e per conoscere e gestire meglio la condizione della persona assistita, magari frequentando corsi di formazione specifici.
Si tratta, dunque, di un approccio multifacetico, ma che diventa essenziale per non essere fagocitati da una quotidianità difficile, in cui vi è di sicuro il banco di prova dell’amore che si prova per il proprio caro bisognoso di aiuto, ma che non deve far rischiare il burnout del caregiver, per il bene suo e del familiare assistito.