Amata, odiata, temuta, ambita. Su una cosa, però, tutti sono d’accordo: l'intelligenza artificiale (IA) è una delle tecnologie più promettenti del nostro tempo, capace di trasformare davvero in profondità tantissimi settori fondamentali, dalla sanità all'educazione, dalla mobilità alla gestione delle risorse.
Tuttavia, se non viene progettata con attenzione, l'IA rischia di perpetuare o addirittura accentuare le disuguaglianze di genere già presenti nella società. Perché? Perché l’IA viene “educata” dagli esseri umani e, se viene educata solo da determinati gruppi sociali – quelli dominanti – li rispecchierà, andando così ad alimentare le discriminazioni.
Un esempio? L’85% delle persone coinvolte nello sviluppo dell’IA sono uomini: questo dato emerge da varie fonti, come ad esempio nel Rapporto 2019 dell’European Institute for Gender Equality (EIGE), il quale evidenzia come solo il 16% dei professionisti nell'IA siano donne e, di queste, solo il 12% occupano ruoli di leadership nel settore.
Non è una novità: a livello globale, infatti, la presenza femminile nell’industria tecnologica è ancora ampiamente minoritaria, con numeri che si riflettono anche nella creazione degli algoritmi. In pratica, l’intelligenza artificiale è un sostantivo femminile, ma ragiona da uomo.
Un pericolo sottovalutato: i bias di genere nell'IA
Per quanto tutti la temano, l’IA non vive di vita propria: come altre tecnologie, è costruita su dati storici che riflettono, dunque, anche i pregiudizi della società in cui viviamo. Se i dati utilizzati per alimentare gli algoritmi vengono raccolti in una società in cui, purtroppo, vige anche la disparità di genere, allora l'IA rischia di riprodurre e persino amplificare tali pregiudizi.
Un esempio concreto di questa distorsione è l’utilizzo dei sistemi di riconoscimento facciale che, come evidenziato da uno studio condotto da Joy Buolamwini, The Gender Shades Project, mostrano risultati significativamente meno accurati nel riconoscere volti femminili, soprattutto se di colore. In particolare, la precisione dei sistemi di riconoscimento facciale per gli uomini bianchi è particolarmente accurata, precisione che cala vertiginosamente per le donne di colore. Questo esempio illustra chiaramente come la mancanza di diversità nei team che sviluppano l'IA può portare a soluzioni tecnologiche che non solo sono imprecise, ma anche dannose per una parte della popolazione.
La soluzione: maggiore inclusione femminile nell'IA
Come si può risolvere questo problema? La risposta è chiara: le donne devono essere coinvolte attivamente nella progettazione dell'IA. Un’inclusione maggiore delle donne non solo contribuirebbe a ridurre i bias di genere, ma potrebbe anche fare da volano per una maggiore innovazione. Già nel 2020 l’Unesco ha sottolineato che le tecnologie, se progettate da una pluralità di voci, possono risultare più inclusive e possono rispondere decisamente meglio ai bisogni di tutta la popolazione.
Nel concreto, però, il divario di genere nell'IA è ancora enorme. A livello globale, l'Unione Europea ha lanciato varie iniziative per promuovere l'inclusività nelle STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), ma c’è ancora molto da fare. Secondo un’analisi della McKinsey & Company, se le donne venissero coinvolte maggiormente in ruoli decisionali nel settore della tecnologia, il PIL mondiale potrebbe crescere fino a 28 trilioni di dollari entro il 2025. Questo dimostra non solo che l’inclusione è una questione di giustizia sociale, ma anche una potente leva economica.
Iniziative e progetti per avvicinare le donne all'IA
In questo scenario, alcune iniziative in Italia stanno cercando di colmare il divario di genere. L'associazione Donne 4.0, ad esempio, è attivamente coinvolta nell’organizzare progetti per sensibilizzare le ragazze sulle opportunità offerte dal mondo dell’IA. La presidente di Donne 4.0, Darya Majidi, ha lanciato l'iniziativa AIxgirl, che organizza campi estivi gratuiti per ragazze delle scuole superiori, per avvicinarle ai temi dell'intelligenza artificiale e stimolarle a intraprendere carriere in ambito STEM. Questi programmi hanno lo scopo di educare le nuove generazioni sui benefici e le potenzialità di una tecnologia che modella sempre di più il nostro futuro.
L'iniziativa si inserisce in un contesto più ampio di sensibilizzazione e formazione, che coinvolge anche le università. Programmi come AIxwomen mirano a riempire le aule con centinaia di donne per insegnare loro come funzionano i sistemi di intelligenza artificiale e perché è essenziale che anche le donne, con le loro competenze e prospettive, partecipino alla loro creazione.
Il ruolo di famiglie e istituzioni
Anche (e soprattutto!) le famiglie giocano un ruolo fondamentale nel colmare il gender gap nell’IA. In che modo? Educando all’inclusività e all’eguaglianza, fin dalla tenera età. Tuttora, infatti, esiste ancora il pregiudizio che le bambine non siano portate per la scienza e per la tecnologia, e si tratta di stereotipi presenti sia nelle famiglie che, addirittura, nelle stesse scuole. Ovviamente è qualcosa di assurdo e infondato, ed è anzi essenziale che le famiglie incoraggino le ragazze ad avvicinarsi alle materie cosiddette STEM, creando un ambiente di supporto che sfidi e superi questi stereotipi.
Le istituzioni, come le scuole, possono fare la loro parte organizzando laboratori immersivi nelle professioni dell'IA, in modo che anche le giovani generazioni possano comprendere le sfide e le opportunità offerte da questa tecnologia. Inoltre, le aziende devono assumersi la responsabilità di sviluppare algoritmi inclusivi, costruiti da team eterogenei che rispecchiano la diversità della società in cui viviamo.
Affinché l'intelligenza artificiale diventi una risorsa davvero inclusiva e capace di abbattere le disuguaglianze, è necessario che si sviluppi un movimento condiviso che coinvolga tutti: donne, uomini, famiglie, istituzioni e aziende. Solo con una partecipazione attiva delle donne, sin dalle scuole e in tutti gli stadi della formazione, si potrà garantire che l'IA risponda veramente ai bisogni e alle caratteristiche di tutta la popolazione. L’inclusione femminile nell’IA non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche un’opportunità economica fondamentale per il futuro della nostra società.